Alfano’s bridge. Ecco il Ponte che vuole Alfano
Alfano’s bridge – Il Ponte di Alfano
Una “ferrovia aerea”
dalla Sicilia alla Calabria
Renzi ad Angelino Alfano: «Stai sereno! Il Ponte sullo Stretto non te lo posso fare, ma te lo faccio solo per i treni»
di Angelo Severino © – 24 Ottobre 2015
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Con 289 voti favorevoli, 98 contrari e 21 astenuti il 29 settembre 2015 la Camera dei Deputati ha approvato “l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del Ponte sullo Stretto come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici”. Di fatto, la maggioranza che tiene in vita il governo di Matteo Renzi ha voluto dire al suo ministro degli Interni Angelino Alfano: «Stai calmo e buono. Il Ponte sullo Stretto non te lo posso fare, ma te lo faccio solo per i treni».
Infatti, il ministro Graziano Delrio, nel rispondere a una interrogazione in Commissione Trasporti aveva sostenuto che «ad oggi il Ponte non è all’interno delle linee programmatiche del Ministero né previsto nelle opere volute da questo Governo», smentendo Alfano che aveva dichiarato che «non vedeva la ragione per la quale non si debba più parlare di Ponte sullo Stretto» perché «abbiamo pronto un disegno di legge per rimettere al centro la questione» e che «questo è un progetto che vogliamo rilanciare».
Ma già nel novembre del 2014 Maurizio Lupi, l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dello stesso partito di Alfano (Ncd), aveva affermato pubblicamente che «il capitolo del Ponte sullo Stretto è chiuso perché lo ha chiuso il Parlamento nel 2012 con una legge in cui è stata assunta la decisione di mettere in liquidazione la Società Concessionaria Stretto di Messina spa».
Nella seduta dello scorso martedì 29 settembre, la Camera dei Deputati, come abbiamo ricordato, ha detto di sì alla proposta di Umberto Del Basso De Caro, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i Trasporti, di riconsiderare il progetto come infrastruttura ferroviaria fra la Sicilia e la Calabria. Pochi giorni prima, il 23 settembre, sempre lo stesso Sottosegretario aveva dichiarato ufficialmente, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, che «nel DEF 2015 non vi è alcun riferimento al progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina» e che «tale progetto non risulta, ad oggi, all’interno delle linee programmatiche del Ministero delle Infrastrutture».
Il progetto del Ponte sullo Stretto è stato da decenni al centro di un dibattito politico contraddittorio e ha visto comitati “No Ponte” e alcuni movimenti indipendentisti opporsi alla realizzazione di questa opera tanto faraonica quanto inutile. Anche l’Unione Europea diverse volte ha espresso il suo parere negativo dicendo a chiare lettere che non aveva intenzione di finanziare il progetto, ossia un investimento complessivo di ben 8,5 miliardi di euro.
“Società concessionaria Stretto di Messina spa”
Sebbene la “Società concessionaria Stretto di Messina spa” sia stata costituita nel 1981, tuttavia è stato investito denaro pubblico fin dal 1971, anno in cui una legge definì l’opera di interesse nazionale e venne indetto un concorso internazionale per il suo progetto.
Da fonti ufficiali (Camera dei Deputati), nel decennio 1971-1981 sono stati spesi 373 milioni lire e, dalla costituzione della “Società concessionaria Stretto di Messina spa” a oggi, la spesa complessiva è stata di ben 420 milioni di euro, senza tener conto dell’inflazione.
La “Società concessionaria Stretto di Messina spa” aveva inizialmente sede a Roma in via Po, dove pagava un affitto di 75mila euro al mese per un edificio di 3600 metri quadri e di 4 piani. Con l’arrivo di Romano Prodi al Governo nel 2006 la sede della Società fu trasferita in via Marsala: 1200 metri quadri per 50mila euro di affitto mensile.
Dal 1981 al 31 dicembre 2009 la “Società concessionaria Stretto di Messina spa” è costata ai contribuenti italiani 173 milioni di euro in investimenti per la ricerca, studi di fattibilità, progettazione. E, come se non bastasse, a oggi non si sa a quanto ammonterebbero complessivamente le penali che lo Stato (ossia i contribuenti italiani) dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.
La Camera dei Deputati ha approvato “l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del Ponte sullo Stretto come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici”. Ma, già da ora, possiamo dire che quella opportunità di riconsiderazione verrà di volta in volta rimandata, sperando altresì che quell’analisi del rapporto costi-benefici non venga mai fatta perché altrimenti costerebbe al contribuente italiano altro spreco di denaro pubblico. E, francamente, con i tempi che corrono, non ne sentiamo il bisogno.
«A questo punto – ci ha detto Giuseppe Scianò, separatista della vecchia guardia – siamo legittimati a sperare che il governo italiano accantoni definitivamente l’idea del Ponte-Imbuto e si decida a promuovere nuovi collegamenti navali e aerei, rendendosi così meritevole della gratitudine non solo del Popolo Siciliano ma anche di quella di tutta la comunità internazionale».
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Grazie.
Ciao.
Giuseppe Scianò, proprio perché separatista della vecchia guardia, ben conosce le centenarie difficoltà di un inevitabile separatismo o di una, sulla carta più semplice, piena attuazione del nostro statuto. Quanto datata è, la splendida interrogazione di Angelo Manna, di destra, o la altrettanto splendida opera di Nicola Zitara, di sinistra, o la ancor precedente di uno stupendo Alianello, fino a giungere alla estesa letteratura storico giornalistica dei giorni nostri. Eppure, gente di tal calibro non è nemmeno riuscita a rendere giustizia a verità, e i nostri figli continuano ancora a studiare su quei libercoli savojardi falsi e bugiardi.
E tutto si è già detto
e tutto si è già scritto
eppure ho ancora il tetto
in via cavour.
Ecco che allora uno splendido progetto dalle potenzialità indicibili, con tutte le opere di contorno e di supporto anch’esse già appaltate, possa essere in grado di innestare quel processo virtuoso atto a promuovere progresso e sviluppo, concedendo così maggior peso politico alla regione ed alle ragioni sue. Perché lo sperare tafazzico che il governo accantoni, e non proporre, noi, una precisa strategia alternativa che non si consegni inerme alla speranza che qualcuno si decida a promuovere nuovi collegamenti aerei e navali, vuol solo dire che i 150 anni di attesa hanno indotto, quella speranza, solo a rassegnazione e resa.
Segue ulteriore valutazione sulle scempiaggini governative.