Pietro di Aragona, il re che liberò la Sicilia

Pietro di Aragona, il re che liberò la Sicilia

Pietro III d’Aragona, il re che
riconsegnò alla Sicilia libertà e ricchezze

Non fu una dominazione aragonese ma una scelta democratica del Popolo Siciliano che portò Pietro III d’Aragona a diventare re dei Siciliani. Non ci fu né sottomissione siciliana agli Aragonesi, come erroneamente si vuol far credere, né il re Pietro soggiogò la Sicilia.

di Angelo Severino ©
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Con la battaglia di Benevento (28.2.1266), in cui morì il re Manfredi, e poi con la morte cruenta di re Corradino (29.10.1268), in Sicilia si era conclusa la dinastia degli svevi di Hohenstaufen. Subito dopo iniziò quella angioina che sarebbe durata fino alla rivoluzione del Vespro Siciliano, scoppiata a Palermo nel piazzale adiacente la chiesa di Santo Spirito al tramonto del Lunedì dell’Angelo del 30 marzo 1282. Altri, come Niccolò Speciale e Michele Amari fanno ricadere l’evento alla sera del 31 marzo, ossia al martedì dopo Pasqua.

Carlo d’Angiò vuole riconquistare la Sicilia

I Siciliani, pur avendo allontanato gli Angioini dalla Sicilia, tuttavia non vivevano ore tranquille perché lo spodestato re Carlo stava nel frattempo armando numerose flotte e dalla Calabria era già pronto per entrare a Messina, attaccare tutta l’Isola e riacquistarne il governo.

Fu per questo che si rese urgente e necessario scegliere un sovrano che potesse regnare in Sicilia con il benestare del Popolo Siciliano. La scelta cadde su Pietro III, re d’Aragona. Innanzitutto, perché egli discendeva da quel duca Roberto Guiscardo che, con il fratello Ruggero, aveva liberato la Sicilia dal giogo musulmano e poi perché aveva sposato Costanza, l’unica figlia di Manfredi.

In quei giorni di aprile il re aragonese si trovava nella città di Colla in Barberia (come a quei tempi si chiamava il Nord d’Africa) impegnato a combattere i saraceni. Il 27 aprile si tenne a Palermo un consiglio straordinario dove fu deciso di mandare alcuni messaggeri a incontrare Pietro III d’Aragona per proporgli se fosse stato disponibile a prendersi anche il regno di Sicilia.

Re Pietro d’Aragona riceve il dossier delle malefatte angioine

Quando i messaggeri furono ricevuti dal re, inginocchiatosi davanti a lui e baciandogli le mani, gli dissero che per il Popolo Siciliano era un grande onore se egli fosse stato anche loro re. Uno dei messaggeri prese un libro dove erano state elencate tutte le violenze e i soprusi che gli angioini avevano fatto nei confronti dei Siciliani e cominciò a leggerlo.

Nelle pagine di quel dossier vi era scritto, tra l’altro, come il re Carlo esigeva dai suoi sudditi siciliani imposte inaudite, continui insopportabili sussidi di guerra e come le donne siciliane erano preda delle brutalità dei soltati angioini.

Pietro, dopo avere ascoltato i messaggeri siciliani e aver consultato i suoi consiglieri, accettò la proposta anche perché considerava che il regno di Sicilia, usurpato da Carlo d’Angiò, spettava alla moglie Costanza e ai suoi figli.

Intanto, in Sicilia la situazione stava peggiorando ulteriormente. Gli Angioini il 25 luglio erano sbarcati a Messina e avevano sconfitto le truppe messinesi mandate contro di loro.

Pietro arriva a Trapani ed è incoronato re di Sicilia

Il 25 agosto il re Pietro con la sua flotta si mise in viaggio verso la Sicilia e il 30 agosto approdò a Trapani dove fu accolto da una gran moltitudine di persone festanti. Questo fu il giorno in cui Pietro, per volontà di popolo, sarebbe diventato re di Sicilia e non solo d’Aragona. Il 5 settembre il re diede ordine alle galee di salpare verso Palermo mentre lui con il suo esercito sarebbe arrivato a cavallo. Anche a Palermo ci fu gran festa di popolo che, confermando il desiderio dei trapanesi, proclamò Pietro re di Sicilia.

Trascorsi tre giorni dal suo arrivo a Palermo, re Pietro convocò un parlamento con i rappresentanti di tutte le città di Sicilia per capire se veramente il Popolo Siciliano lo volesse come loro re. All’unanimità fu confermata questa decisione e, dopo che ufficialmente fu riconosciuto re di Sicilia nonché d’Aragona, il parlamento fu sciolto.

Pietro III di Aragona in Sicilia

Carlo d’Angiò abbandona nottetempo la Sicilia

Il re d’Aragona, dopo qualche giorno, partì per Randazzo e preparò una lettera che fu consegnata a Carlo d’Angiò dove era scritto che doveva andarsene dalla Sicilia perché i Siciliani lo avevano eletto loro re. Re Carlo, che inizialmente era intenzionato a restare in Sicilia e a combattere gli Aragonesi, durante la notte del 24 settembre però abbandonò l’Isola e con i suoi tredicimila soldati fuggì in Calabria, rinunziando a confrontarsi con l’esercito aragonese.

Il 2 ottobre re Pietro da Randazzo andò a Messina dove trovò tutta la città abbellita con drappi d’oro e con le strade piene di erbe aromatiche e di gente festante che gridava: «Benvenuto al nostro re che per grazia di Dio ci ha liberati dal nostro nemico Carlo».

Questo è quanto successo nei mesi successivi alla rivoluzione del Vespro del 1282, come narrato dai cronisti dell’epoca, e che riguarda il modo in cui il Popolo Siciliano, una volta cacciati gli Angioni dall’Isola, scelsero con libertà e incoronarono il proprio re che riconsegnò loro l’indipendenza sottratta con forza e prepotenza da re Carlo d’Angiò.

La regina Costanza con tre figli arriva in Sicilia

Nei primi d’aprile del 1283 la regina Costanza lasciò l’Aragona per la Sicilia insieme al figlio secondogenito Giacomo, alla figlia Violanda e al piccolo Federico. In Catalogna rimasero il figlio primogenito Alfonso, l’altra figlia Elisabetta e Pietro, l’ultimo nato che sarebbe poi morto nel 1296.

Da Trapani, dove il 14 aprile era arrivata la nave, la regina raggiunse prima Palermo e poi il 22 aprile il marito a Messina. Ci furono festeggiamenti in onore di Costanza che i Siciliani consideravano come una compatriota, essendo nata a Catania e figlia dell’ultimo sovrano svevo del regno di Sicilia.

Comunicazioni di re Pietro al parlamento di Messina

Il 25 aprile il re Pietro riunì il parlamento per annunciare al Popolo Siciliano che doveva lasciare l’Isola e che aveva affidato la reggenza della Sicilia alla moglie Costanza e al figlio Giacomo.

«Sono costretto – disse il re addolorato – a partire da questa terra che amo quanto la stessa mia patria… Io vi lascio, o Siciliani, la vostra regina e i nipoti di Manfredi».

Poi Pietro diede le seguenti disposizioni: «Alfonso avrà alla mia morte l’Aragona, la Catalogna e Valenza. Giacomo, mio secondo figlio, mi succederà sul trono di Sicilia. La regina e Giacomo, finché io sarò vivo, saranno viceré». E il parlamento approvò.

La morte di Pietro e il figlio Giacomo nuovo re

Aveva 46 anni quando il re Pietro morì l’ 11 novembre 1285 in Catalogna, a Vilafranca del Penedès, e fu sepolto a Barcellona. La morte del sovrano fu accolta con tanta tristezza dal Popolo Siciliano perché lo amava e lo considerava come colui che gli aveva restituito libertà e ricchezze che Carlo d’Angiò gli aveva sottratto.

Ubbidendo alle volontà testamentarie, Giacomo ebbe il regno di Sicilia e il 2 febbraio 1286 fu incoronato a Palermo prendendo il nome di Giacomo I re di Sicilia.

Alfonso subentrò al padre e gli toccò il trono aragonese. Lo stesso Pietro aveva inoltre stabilito che, se Alfonso non avesse avuto figli, il regno d’Aragona lo avrebbe ereditato Giacomo, mentre a Federico sarebbe rimasta la Sicilia.

Quando il 18 giugno del 1291, Alfonso all’età di soli ventisette anni morì, senza aver avuto eredi, toccò al fratello Giacomo andare, per legge testamentaria, a sostituirlo come re d’Aragona.

Come aveva, a suo tempo, deciso il re Pietro III e stabilito lo stesso Alfonso in data 10 marzo del 1287, Giacomo avrebbe dovuto rinunciare al trono siciliano per accettare quello di Aragona. Il regno di Sicilia sarebbe dovuto quindi andare a Federico. Con la disinvoltura che gli era propria, Giacomo però decise di accettare la corona d’Aragona e di conservare anche quella di Sicilia.

Federico III, figlio di Pietro d'Aragona

Re Giacomo sposa Bianca d’Angiò. I Siciliani sono preoccupati

Alfonso, prima di morire aveva promesso alla Francia di restituire la Sicilia agli Angiò e fu per questo che il Popolo Siciliano, dopo avere riacquistato la libertà e non volendo far morire la speranza di arrivare presto a una sua completa indipendenza e prosperità, era giustamente molto preoccupato. E le cose peggiorarono maggiormente specialmente dopo che il re Giacomo nel novembre del 1295 aveva sposato Bianca d’Angiò, figlia del re Carlo.

Era ancora vivo nei Siciliani il ricordo delle sofferenze patite a causa degli Angioini e fu per questo che, per impedire il ritorno al passato, nel mese di dicembre si riunì urgentemente a Palermo un’assemblea dei rappresentanti della Sicilia occidentale che nominò Federico come Signore dell’Isola e convocò il Parlamento a Catania per il 15 gennaio 1296.

Riunitosi il Parlamento, Federico fu riconosciuto re dei Siciliani con il titolo di “Fridericus tercius Dei gratia rex Siciliae”, ossia “Federico III re di Sicilia”. L’incoronazione fu fatta solennemente nella cattedrale di Palermo il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, che in quell’anno coincideva con il giorno della santa Pasqua.

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