Petrolio siciliano che ha arricchito solo lo Stato italiano
PETROLIO SICILIANO
Negli anni ’50 le trivelle diedero speranza ai Siciliani.
Ma, invece della ricchezza,
ci hanno regalato inquinamento e tumori.
di Angelo Severino ©
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Petrolio siciliano. Le riserve di idrocarburi nell’area di competenza della Regione Siciliana consentirebbero quattro secoli di indipendenza energetica della Sicilia. Se l’import export dell’Isola fosse quello di uno Stato indipendente, l’incidenza dei prodotti petroliferi sarebbe come quella di un medio paese OPEC.
In Sicilia le compagnie petrolifere nel 2015 hanno estratto 868.168 tonnellate di olio greggio e 232.591 sm3 di gas naturale con un gettito royalties del 7% pari a 861.248 euro. Praticamente quasi nulla se consideriamo i disastri irreparabili sulla salute dei cittadini, sulle falde acquifere, sulle coste e sull’atmosfera. Ma oltre al danno si aggiunge anche la beffa perché non solo in Sicilia sulla benzina e gasolio grava la stessa accisa di tutti i consumatori italiani ma addirittura perché si registra il prezzo più alto dei carburanti rispetto alle altre regioni.
Per quanto riguarda il totale del greggio importato in Italia, più del 50% è raffinato negli stabilimenti siciliani di Augusta, Melilli, Priolo, Milazzo e Gela e in questo caso non è solo lo scrigno statale a guadagnarci con le entrate tributarie (fra iva e accise, le raffinerie di Gela e Augusta ogni anno regalano all’Italia fra i 12 e i 30 miliardi di euro) ma anche alcune regioni del Nord in cui le compagnie petrolifere hanno la residenza fiscale e dove versano le dovute tasse per quanto guadagnato.
Avvantaggiato dall’accordo fra le grandi compagnie petrolifere e Graziano Verzotto, presidente dell’Ente minerario siciliano, il primo pozzo commerciale di petrolio italiano (circa un milione di barili) fu scoperto nel 1953 a Ragusa. Attualmente, la sola provincia iblea, negli ultimi 13 anni ha avuto una produzione media annua di 85.542 tonnellate di greggio.
La scoperta di quel giacimento consentì di sfruttare anche quello di Gela dove nel 1959 iniziò a funzionare il complesso petrolchimico per la lavorazione del petrolio. Da allora, i Siciliani hanno reclamato inutilmente che ci fosse un equo risarcimento per il danno ambientale prodotto dagli impianti petroliferi nell’Isola. Se da un lato lo Stato italiano ha ottenuto ricchezza, dall’altro lato il Popolo Siciliano non ha conseguito alcun vantaggio.
Nel tempo si sono verificati tentativi per defiscalizzare i prodotti petroliferi venduti in Sicilia, ma il caso più eclatante è quello del 2000 quando i senatori di centrodestra (minoranza) presentarono il disegno di legge per ridurre il carico fiscale sui prodotti petroliferi nella Regione Siciliana. Il progetto, dopo essere stato insabbiato dalla maggioranza di centrosinistra, fu ripresentato dall’allora Casa delle Libertà alla camera dei deputati come emendamento alla finanziaria 2001.
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p style=”text-align: justify;”>L’emendamento sostenuto inizialmente anche da esponenti della maggioranza di centrosinistra, fu in seguito rigettato su pressione del governo. Per la mancata defiscalizzazione degli idrocarburi in Sicilia i sindaci dei 42 comuni aderenti all’Ups (Unione petrolifera comuni siciliani) chiesero le immediate dimissioni dei tre ministri siciliani (Cardinale, Mattarella e Bianco) e dei sottosegretari eletti in Sicilia. Programmarono inoltre, per il 15 dicembre 2000, persino uno sciopero regionale per chiedere un decreto legge che abbattesse nell’Isola le accise sui prodotti petroliferi. Ma ad oggi, tutto è rimasto come prima.
Dicevamo prima che lo Stato italiano dal petrolio siciliano ha ottenuto ricchezza mentre i Siciliani non hanno guadagnato nulla se non il record di tumori e di bimbi nati malformati sia nel triangolo industriale di Melilli-Augusta-Priolo sia a Gela dove vi sono gli stabilimenti dell’Anic e dell’Agip. Le raffinerie siciliane hanno prodotto, a partire dal 1959, quasi 700 bambini con handicap, circa 850 dipendenti deceduti per tumore al polmone o per una malattia all’apparato respiratorio o per leucemia.
Ecco cosa hanno guadagnato i Siciliani contrariamente a quanto promesso. Ciononostante, a partire dagli anni ‘60, lo slogan popolare in Sicilia fu «meglio morire di inquinamento che di fame».
E allora. Il petrolio siciliano e il gas siciliano “sono nostri”. È giunta l’ora per il Popolo Siciliano di svegliarsi! Le risorse di idrocarburi possono fare da volano per la nostra economia. Diciamo quindi BASTA a un’Italia che non solo succhia gratis il nostro oro nero, ma in più ci maltratta e ci guarda come una sua colonia.
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alle prossime elezioni siciliani tutti riprendiamoci la nostra sicilia e le sue ricchezze per il bene di tutti I siciliani …….non possiamo restare a guardare come tanti cretini !
Il petrolio dei siciliani. ..deve essere gestito dai siciliani e dal governo italiano….piano piano senza esagerare con gli scavi anche in mare…stando moltissimo attenti all’inquinamento. .. come negli altro stati…perché no..da noi…
sarebe ora di svegliarsi.i comenti sono inutili.da guando anno fatto l italia.che ci prendono per il c…una cosa e certa che non siamo stupidi come ci credono.
w l’italia ladrona