Ognina di Siracusa, un mare di storia!
Il mare di Ognina di Siracusa
Grande interesse scientifico per gli studi pionieristici
di archeologia subacquea e topografia sottomarina.
di Paolo Scalora ©
≈ ≈ ≈
Una decina di chilometri a sud di Siracusa, lungo la costa bassa e frastagliata, si apre il porto-canale di Ognina, un’insenatura bislunga di antichissima formazione fluviale da sempre impiegata come approdo. Difronte alla sua stretta imboccatura giace, ergendosi timidamente dal mare, un isolotto che custodisce nei suoi esigui sedimenti tracce importantissime della presenza dell’uomo, riferibili a quando lo scoglio era un tutt’uno con la terraferma.
Scavi archeologici condotti negli anni Sessanta del secolo scorso, da Luigi Bernabò Brea, misero in luce la sovrapposizione di fasi antropiche dalla preistoria all’età antica. Particolare interesse suscitarono una tomba a grotticella artificiale (cioè scavata nella roccia) databile all’età del Bronzo e i resti di una piccola chiesa datata ad età bizantina.
Poco più a sud, il porticciolo è protetto da uno sperone calcareo sulla cui cima svettava una torre di avvistamento del XV sec., oggi in parte apprezzabile grazie al restauro di un paio di anni fa, a difesa del litorale dalle incursioni dei pirati che, ovviamente, erano attratti soprattutto dall’ottimo approdo frequentato da famiglie umili di pescatori e contadini che vivevano nei pressi. Questi avevano il loro piccolo luogo di culto in una chiesa situata vicino la riva settentrionale del porto-canale, eccezionalmente immortalata in una bellissima veduta seicentesca dell’olandese Willem Schellinks, dove sullo sfondo è riprodotta anche la torre con la sua struttura cilindrica snella e slanciata. Tra gli attacchi dei pirati va almeno ricordata l’incursione del famigerato Dragut nel 1561, dopo avere assalito la città di Augusta.
Il litorale di Ognina reca i segni indelebili dell’attività antropica che, oggi, sono parte integrante del paesaggio marittimo. Non lontano dalla torre è ubicato un impianto di strutture circolari scavate nella roccia, in parte aggredite dall’erosione marina, recanti segni di combustione. Secondo la tesi più accreditata, si tratterebbe di fornaci per calce di età romana, di cui chiaramente restano soltanto i fondi interni, dove la pietra calcarea veniva cotta ad alte temperature ottenendo la calce.
Tuttavia, grazie a relazioni tecniche del XVI sec., sappiamo che la calce fu copiosamente prodotta per il suo impiego nelle fortificazioni spagnole di Siracusa: essa veniva lavorata sulla costa in apposite fornaci dette “calcare”, trasportata con piccole imbarcazioni nel porticciolo e da qui trasferita in città. Non mancano anche siti antichi di estrazione della pietra, cioè “latomie” di superficie, come quelli attestati sulle due estremità della bocca del porticciolo.
Se le testimonianze archeologiche terrestri ci parlano di una presenza millenaria dell’uomo, altrettanto concede il mare di Ognina da sempre attraversato da navi cariche di merci. Nell’estate del lontano 1961, durante una battuta di caccia, un sub fu incuriosito da una grande quantità di cocci tra i quali spiccavano una colonna in marmo, tessere di mosaico e un curioso busto bronzeo di piccolo satiro, il quale fu recuperato, insieme a qualche altro reperto, per dimostrare l’importanza della fortuita scoperta alle autorità competenti, che intervennero con un sopralluogo finalizzato alla verifica e al recupero di altri manufatti. Il mare di Ognina si rivelava di grande interesse scientifico per gli studi pionieristici di archeologia subacquea e topografia sottomarina, che interessarono anche il Porto Grande e il Porto Piccolo di Siracusa.
Leggi anche: Pergusa, chiamato anche lago di sangue
La verità sulla Torre ottagonale di Enna