La Turchia è il cavallo di troia per l’occidente
La Turchia è un pericolo per l’Europa
La cosiddetta Repubblica di Turchia ha ereditato
il peggio dell’Impero Ottomano e non può entrare in Europa
di Angelo Severino ©
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La Turchia non appartiene per storia, cultura, religione e tradizioni all’Europa. Per secoli è stata, al contrario, un nemico dei Popoli Europei. L’ingresso nell’Unione Europea di 70 milioni di turchi, a maggioranza islamica, rappresenterebbe una grave minaccia per l’identità nazionale dei Popoli Europei e per le radici Cristiane del nostro continente.
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Partiamo dal fatto che l’Europa in sé è l’espressione di un concetto culturale ben preciso, prima ancora di considerarlo nella sua parte geografica. L’Europa dunque è innazitutto un insieme di Stati democratici e con antichissimi fondamenti cristiani in comune.
Ed è per questo che includere la Repubblica Turca nell’Unione Europea sarebbe un grosso sbaglio poiché essa storicamente e culturalmente ha ben poche cose da condividere con l’Occidente, ricordando tra l’altro che l’Impero Ottomano nel passato è sempre stato in lotta con l’Europa intera.
La Turchia rappresenta, di fatto, un altro continente sia geograficamente sia per cultura, per storia e per religione essendo un paese fondato sull’Islam. Quindi uno Stato molto diverso da quelli europei e cristiani. Nessuno inoltre può negare come i diritti civili, politici e religiosi continuano a essere violati dal governo autoritario di Ankara e da un popolo turco che nella sua maggioranza appoggia apertamente l’integralismo islamico.
Da Impero Ottomano a Repubblica di Turchia
La Turchia odierna nasce dalle ceneri dell’Impero Ottomano, da quando nel 1923 Mustafa Kemal Atatürk ne assunse il governo. Nel maggio del 1960 un colpo di stato militare rimosse il presidente Bayar a favore del generale Gursel e da allora, fino alla fine degli anni Settanta, il Paese ha attraversato difficili crisi politiche con partiti di destra che si sono alternati a quelli di sinistra.
Il 20 luglio del 1974, dopo un contenzioso con la Grecia, la Turchia occupò militarmente la parte orientale dell’isola indipendente di Cipro. Ma resta aperta anche la questione Kurdistan, un’area geografica di circa 450 mila chilometri quadrati (che conta una popolazione compresa tra i 25 e i 30 milioni di abitanti) condivisa dalla Turchia (con il 30% di territorio), dall’Iraq, dalla Siria e dall’Iran.
La popolazione del Kurdistan (omogenea per cultura, lingua e religione) è soggetta a continue persecuzioni e umiliazioni, costretta perfino a non poter utilizzare la propria lingua oltre alle proprie musiche e danze. La voglia di indipendenza dei Curdi cominciò a farsi sentire alla fine dell’Impero Ottomano.
Nel “Trattato di Sèvres” del 1920, sottoscritto dall’Impero stesso e dalle Potenze vincitrici della Prima guerra mondiale, era considerata l’istituzione di uno Stato Curdo nell’omonima provincia ottomana. Ma Atatürk non accettò l’accordo tanto che nel successivo “Trattato di Losanna” del 1923 non si fece più riferimento a un eventuale Stato Curdo.
I movimenti indipendentisti nel Kurdistan
Da quel momento nel Kurdistan sono nati movimenti indipendentisti come il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) in Turchia, il Partito Democratico Curdo (KDP) e l’Unione Patriottica del Kurdistan (KPU) in Iraq, il Partito Democratico del Kurdistan Iraniano e il Partito per la Libertà del Kurdistan (PJAK) in Iran.
Il governo turco non ha mai accettato di considerare il PKK come un movimento popolare, ma semplicemente come un’organizzazione terroristica. Mentre da una parte la Turchia aspira a entrare nella democratica Unione Europea, dall’altra parte continua a non riconoscere, con il suo regime militare (che ha ereditato il peggio di ciò che resta dell’Impero Ottomano), le proprie minoranze etniche come, appunto, sono i Curdi. I separatisti curdi non chiedono altro che la sovranità su quello che è il loro territorio, pretendono solo l’applicazione del diritto all’autodeterminazione così tanto sbandierata dall’ONU e mai attuata.
Il massacro di 1.500.000 di Armeni cristiani
In quel “Trattato di Sèvres” del 10 agosto 1920, oltre all’indipendenza per il popolo del Kurdistan, fu prevista anche quella per l’Armenia. Ma nel settembre dello stesso anno, a un mese dalla firma del Trattato, la Turchia attaccò l’Armenia e ai primi di dicembre l’esercito turco ebbe la meglio sugli Armeni.
Alla vittoria seguì un massacro di ben 1.500.000 di Armeni cristiani e con l’annessione di una metà dell’Armenia indipendente alla Turchia. Molti furono i bambini islamizzati e le donne mandate negli harem. Fu il primo grande crimine di massa perpetrato nel secolo scorso, dimenticato (consapevolmente?) dai governi di tutta l’Europa, di quell’Europa stessa che vuole la Turchia nel suo interno.
Ma se tanto mi desse tanto, a cosa servirebbe allora l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea se non ad aprire consapevolmente le porte all’Islam con il fine di islamizzare l’Europa cristiana? Per questo dobbiamo dire NO alla Turchia.
Scarica l’articolo orginale su “EnnaOnLine” di Aprile 2007