Indipendenza per una Sicilia ricca
L’indipendenza della Sicilia
per uscire dalla povertà
Il Popolo Siciliano, dopo aver cacciato gli Angioini,
cominciò a vivere nell’indipendenza e nella ricchezza
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di Corrado Mirto ©
Per centoquaranta anni ai Siciliani è stato detto con martellante propaganda che la Sicilia è un paese povero e che, se non fosse per i “fratelli” dell’Italia settentrionale che si tolgono il pane dalla bocca per aiutarli, i Siciliani sarebbero già morti d’inedia.
E, alla fine, i Siciliani si sono convinti di essere dei poveri, quasi un popolo di accattoni, e che i “fratelli” dell’Italia settentrionale hanno chiesto la secessione perché non vogliono più mantenere i Siciliani a loro spese.
Questa situazione mi ha portato a farmi una domanda: come mai i Siciliani, quando non facevano parte dello Stato italiano, non si sono estinti per denutrizione?
Gli Angioini dicevano ai Siciliani:
siete poveri perché vivete in un paese povero
Mentre ero afflitto da questo quesito mi è capitato di trovare notizie su una seduta del Parlamento Siciliano riunito nell’ottobre del 1309 a Piazza Armerina. In Sicilia vi era stata la dominazione angioina la quale, mentre aspirava in abbondanza soldi dall’Isola, chiariva ai Siciliani che essi stavano male perché abitavano in un paese povero.
Il 31 marzo del 1282 era scoppiata l’insurrezione del Vespro che aveva cacciato dalla Sicilia il governo angioino, vampiri e sanguisughe. Gli Angioini erano tornati in forze in Sicilia ma alla fine di settembre del 1282, per usare stile e termini del bollettino della vittoria della Prima Guerra Mondiale, i resti dell’esercito angioino fuggivano in disordine e senza speranze verso quelle spiagge sulle quali erano sbarcati con orgogliosa sicurezza.
Dopo qualche anno avevano fatto rifiorire le speranze degli Angioini i Guelfi italiani, i Francesi e gli Aragonesi accorsi numerosi contro la Sicilia a sostegno dell’esercito angioino. Ma, dopo più di sei anni di guerra, l’ultimo comandante delle forze alleate in Sicilia, Carlo di Valois, davanti al rischio di dovere comunicare che anche le sue truppe «fuggivano in disordine e senza speranze», aveva concluso con i Siciliani nel 1302 la pace di Caltabellotta che aveva posto fine alla prima fase della guerra del Vespro e aveva riconosciuto l’indipendenza della Sicilia, mentre dall’Isola erano partiti definitivamente i dominatori, vampiri e sanguisughe.
A questo punto alcuni storici italiani, anche di primo piano, si sono stracciate le vesti versando lacrime sulla povera Sicilia votata alla rovina, perché divisa dall’Italia. Come se l’unico rapporto possibile fra Sicilia e Italia fosse quello della dipendenza, e non potesse esservi un rapporto di collaborazione su un piano di parità.
L’indipendenza dagli Angioini portò gran ricchezza ai Siciliani
E torniamo al Parlamento del 1309, tenuto sette anni dopo la pace di Caltabellotta. Con il cuore pieno di brutti presentimenti ho cominciato a leggere le decisioni del Parlamento temendo di apprendere che i Siciliani, rimasti soli, morivano di fame e avevano deciso di chiede l’invio urgente di viveri a qualche Stato estero, magari al Piemonte!
Con grande meraviglia ho visto invece che i motivi di preoccupazione erano diversi: i Siciliani, rimasti soli, avevano creato un’economia fiorente, avevano le tasche piene di soldi e, secondo i preoccupati parlamentari siciliani, si erano dati al “consumismo” e spendevano troppo. E, siccome non esistevano frigoriferi e televisori, sperperavano i soldi per vestiti, feste e banchetti.
La ricchezza dei Siciliani preoccupò il Parlamento
che stabilì nuove leggi per il bene del popolo
In periodo angioino i Siciliani indossavano vestiti fatti di orbace, un grossolano panno dalla tinta unica e non appariscente, prodotto con lana di modesta qualità. Ora essi avevano i vestiti confezionati con stoffa raffinata dai colori vivaci, mentre si allargava l’abitudine agli ornamenti costosi, alle feste, ai banchetti.
L’allarmato Parlamento in questa sessione decise di stabilire limiti di qualità e di quantità per le stoffe usate per i vestiti, limite nell’uso di ornamenti, limiti nei banchetti.
Per esempio, fu deciso che il banchetto nuziale non poteva durare più di un giorno perché, ovviamente, se durava di più, si spendevano troppo soldi e si andava incontro a rischi per la salute per via dell’aumento del colesterolo. E, allora, un dubbio mi è venuto: può essere che non è vero che siamo stati sempre dei poveracci?
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