Federico III. Un padre, un fratello, un figliuolo
Federico III
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L’articolo è stato pubblicato su “L’Indipendente” di Novembre 2021
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Il re fu cancellato dalla storia siciliana
me per il Popolo Siciliano
fu un padre, un fratello, unfigliuolo.
di Angelo Severino ©
Il 19 maggio 1337, quando aveva compiuto 64 anni, il re di Sicilia Federico III era partito con tutta la sua corte da Palermo per raggiungere, passando per Termine, Castrogiovanni (oggi Enna), la città che amava tanto e dove abitualmente trascorreva i periodi estivi e di riposo. Soggiornava in un castello che aveva fatto riedificare sui ruderi di quello distrutto dagli Arabi nell’859. Sull’argomento leggere il libro “La verità sulla Torre ottagonale di Enna” (Parte IV, pp. 95-110).
Arivato nelle campagne dove poi nelle vicinanze fu costruito il paese di Resuttano, il re cominciò a sentire forti dolori gottosi dovuti alla podagra e alla chiragra. Ma fu poco prima di arrivare a Castrogiovanni che la malattia peggiorò, tanto che il re, pensando che non sarebbe sopravvissuto, desiderò cambiare il suo programma e farsi portare a Catania per morire davanti alle reliquie di Sant’Agata, alla quale era particolarmente devoto fin da bambino. Dettò quindi le sue ultime volontà testamentarie e nominò come suo successore il figlio Pietro.
Tale era l’amore dei Siciliani per il loro re che, saputo che stava per morire, da ogni parte accorreva gente che faceva a turno per addossarsi la lettiga in cui giaceva per rendergli il viaggio meno disagevole. E mentre il triste corteo percorreva, tra il dolore delle popolazioni, le tortuose strade dell’entroterra siciliano, il mercoledì 25 giugno le condizioni di Federico III si aggravarono poco prima di arrivare a Paternò. Fu ricoverato nell’ospedale dei Cavalieri Gerosolimitani della chiesa di San Giovanni Battista dove, abbracciando la Croce di Cristo, il grande re di Sicilia rendeva l’anima a Dio, dopo aver regnato per 41 anni.
Il suo corpo fu portato durante la notte, in forma privata, nel Castello Ursino a Catania e riposto nel feretro vestito con il mantello regale, con la corona sul capo e con lo scettro nella mano destra. La mattina il popolo accorse numeroso ad ammirare per l’ultima volta il loro grande amato re. Poi il corpo fu trasportato a spalla nella cattedrale di Catania con una folla in processione che, con i ceri accesi in mano, precedeva e seguiva la bara.
Lo storico Niccolò Speciale narra «che dirottamente si lacrimava dal popolo dovunque passava quel feretro, e che le donne, anche le matrone, si strappassero i capelli e si percuotessero il viso, offrendo lo stesso luttuoso spettacolo che avrebbero potuto offrire ove il nemico irrompesse vincitore nella città. I nobili poi, ad esempio dei figliuoli del re, vestirono tutti il lutto, ed i Siciliani d’ogni altra classe, può dirsi, che tutti imitarono quell’espressione di dolore».
La morte del re suscitò in tutta l’Isola profondo dolore e grandissimo lutto poiché per quarant’anni aveva sostenuto guerre asprissime per rendere il Popolo Siciliano indipendente da ogni schiavitù e per proteggerlo dall’invasione di acerrimi nemici. I Siciliani con Federico III avevano sperimentato uno dei momenti più belli e più importanti della loro storia. Aveva amministrato sempre con giustizia e governato più da padre che da re.
Lo confermò il figlio Pietro che, durante il funerale, con molta commozione e con le lacrime agli occhi, pronunciò una frase che rimase (e rimarrà per sempre) scolpita nel cuore del Popolo Siciliano: «Non è più tra i vivi il glorioso principe che per tanti anni vi ha difeso dagli assalti ostili; che ha fatto sì che non si diventasse schiavi dell’antico nemico. Egli era per voi un padre, un fratello, un figliuolo».
Eppure, il re di Sicilia Federico III è stato letteralmente cancellato dalle vicende siciliane e spesso scambiato, come ha affermato più volte lo storico Corrado Mirto, con l’imperatore Federico II di Svevia.
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