La cuccìa come la preparavano le monache palermitane

La cuccìa come la preparavano le monache palermitane

La cuccìa con ricotta di pecora
preparata nella cucina dell’ex monastero
di Santa Lucia a Palermo

Tratto da: I segreti del chiostro
Storie e ricette dei monasteri di Palermo
di Maria Oliveri ©
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La storia del Monastero di Santa Lucia

Dietro la Badia Nuova, a Palermo, nel 1531 venne fondato un monastero di monache benedettine, dedicato a Santa Lucia. Il monastero venne abbandonato nel 1582 a causa dei miasmi della paludosa depressione del Papireto.

Sulle rovine del monastero i governatori del Monte di Pietà, con l’aiuto del Senato, crearono un conservatorio di orfanelle. A causa dell’accrescersi del numero delle fanciulle accolte dal pio istituto, il 2 maggio 1781, i governatori acquistarono un terreno fuori Porta Maqueda (odierna Via Ruggero Settimo) e vi costruirono un nuovo conservatorio col titolo di Conservatorio di Santa Lucia. Il collegio aveva ambienti spaziosi e ampi cortili. Le fanciulle venivano educate e istruite nei lavori domestici da religiose domenicane, a spese del Monte di Pietà.

I lavori di costruzione della chiesa, dedicata a Santa Lucia, cominciarono nel 1788 e vennero ultimati solo a metà del secolo successivo. Dal 1919 al 2000 l’edificio è stato un istituto privato per ragazze benestanti, gestito dalle salesiane. Oggi l’istituto è gestito da un’opera pia.

Nel monastero si cucinava la cuccìa con crema di ricotta, nel giorno della festa della Santa patrona Lucia. Santa Lucia è protettrice della vista: «È invocata per la luce degli occhi in riguardo al suo nome Lucia», scrisse Giuseppe Pitrè. Il 13 dicembre a Palermo i devoti facevano voto di non cibarsi di farinacei per penitenza, pur di aver salvaguardata la vista. Mangiavano verdure, legumi, panelle e cuccìa (grano ammollato e lessato).

L’usanza di consumare frumento bollito è legata, secondo la tradizione, al ricordo di un miracolo operato dalla Santa, che fece arrivare un bastimento carico di grano a Palermo, città stremata da una lunghissima carestia. «Santa Lucia pani vurrja, pani nu nn’haiu, accussì mi staju», così pregavano i palermitani nel 1646 quando l’arrivo di una colomba dal cielo annunciò alla città l’arrivo del prezioso carico.

Lucia è patrona della natia Siracusa, dove viene festeggiata il 13 dicembre. I siracusani rivendicano il primato dell’invenzione della cuccìa rispetto a Palermo e collocano l’episodio della carestia a Siracusa del 1763.

Secondo il Pitrè, il frumento lesso era un cibo “primitivo”. Gli antichi greci lo mangiavano a luglio, subito dopo averlo raccolto, a scopo propiziatorio, per garantire prosperità. Il grano era, infatti, simbolo di vita e fertilità. La cuccìa oggi viene realizzata a Palermo con grano lessato, condito con crema dolce al cacao, con biancomangiare oppure con ricotta dolce.

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LA RICETTA della cuccìa preparata dalle monache di Santa Lucia

Ingredienti: 500 g di frumento, un pizzico di sale, 1,5 kg di ricotta di pecora freschissima, 400 g di zucchero semolato, 300 g di capello d’angelo, 150 g di cioccolato fondente (a gocce o a pezzettini), granella di pistacchio q.b., cannella in polvere q.b.

Ponete in acqua a bagno per tre giorni il frumento, prima della preparazione della cuccìa, cambiando l’acqua ogni giorno. Scolate il grano e mettetelo in un tegame, ricoprendolo d’acqua e aggiungendo un pizzico di sale. Cuocete per 6-8 ore a fiamma bassissima, lasciando poi riposare nell’acqua di cottura, coperto con un coperchio, per tutta la notte.

A parte, per preparare la crema, lavorate con la frusta la ricotta, precedentemente setacciata, con lo zucchero, in una ciotola abbastanza capiente. Aggiungete il capello d’angelo tagliato a piccoli pezzi e gocce di cioccolato fondente.

Scolate bene il frumento, ormai freddo, e aggiungete alla crema, mescolando, il composto. Servite in ciotoline, cospargendo con cannella in polvere, oppure granella di pistacchi, o cioccolato fondente o diavolini.

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