Barbaramente uccisi perché cristiani
Cristiani massacrati in Kenya.
Ma il mondo cosiddetto occidentale
non li piange come ha fatto con Charlie Hebdo.
Gli studenti universitari di Garissa trucidati in Kenia dalla furia jihadista non avevano disegnato nessuna vignetta offensiva nei confronti dell’islam. Eppure in 147 (al momento in cui scriviamo, al 06 aprile 2015) sono stati massacrati sol perché cristiani, ammazzati in ubbidienza a una religione assurda che da qualche centinaio di anni promuove odio contro chiunque pensi e agisca in modo diverso da essa. In nome e per conto del male più assoluto che permette e autorizza simili crimini.
Tutto il mondo cosiddetto occidentale aveva condannato l’attentato di Parigi quando lo scorso 7 gennaio un gruppo di terroristi, entrando nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, avevano sparato e ucciso 12 persone gridando di «Allah è grande». Ma l’eccidio avvenuto in Africa da parte dei Qaedisti somali sembra che a questo mondo cosiddetto occidentale (lontano dal Kenya) non abbia interessato più di tanto, di quel tanto poco che basta per dar una striminzita notizia.
Questo mondo cosiddetto occidentale, oramai decristianizzato, non piange più i morti cristiani. E mentre da un lato questo si ribella e reclama il suo sacrosanto diritto di libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e che non si può essere uccisi per avere disegnato e illustrato vignette inoffensive (o offensive, secondo il punto di vista), dall’altro lato pensa (ma non lo dice apertamente) che i cristiani massacrati, in fin dei conti, lo hanno voluto loro. In questo modo, i morti di Charlie Hebdo divengono martiri mentre gli altri, quelli uccisi innocentemente senza aver fatto nulla di offensivo nei confronti di alcuno, vengono identificati in modo alquanto superficiale come vittime di guerra.
Questo mondo cosiddetto occidentale, sempre più decristianizzato, che non può cambiare il suo destino finale, si ritrova così ad accompagnare a sua insaputa il terrorismo islamico verso i tempi finali descritti nell’Apocalisse.
A tal proposito, dobbiamo precisare che la parola Apocalisse non è sinonimo di catastrofe o di avvenimento sconvolgente ma significa “Rivelazione” (dal greco ἀποκάλυψις, apokalupsis), è la “Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per render noto ai suoi servi le cose che devono presto accadere”. (dal vostro affezionato Teòfilo)
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